Tratto da un libro: PARLANDO DI TANGO…con Pakytango Pasquale Bloise 2018. #MariaFrancaBulfon
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“Come sei arrivato al Tango?”
25 anni fa ho visto un’esibizione di tango di una coppia di tedeschi in un centro turistico a Urghada in Egitto: mi ha affascinato. “Finalmente qualcosa che posso fare con una donna”! mi sono detto. Gli sports estremi praticati fino ad allora (sub, hockey, calcio, ecc.) erano tutti “da maschi”.
Per due anni circa ci ho pensato; quando entrai in crisi con la fidanzata di allora, pensai fosse giunto il momento di iniziare con il Tango, per fare qualcosa alla sera. Presi la mia prima lezione di Tango, dove lei mi aveva seguito, anche se avrei voluto iniziare da solo per conoscere me stesso e l’abbraccio, litigammo anche lì…
Ho studiato per 3 mesi a Torino, dove frequentai per circa un anno la milonga al Caffé Procope, solo per guardare ed ascoltare musica. Finalmente invitai una Dama di una certa età, avevo 28 anni ed alcune Dame non volevano ballare con me, perchè non riuscivo a guidarle. Incominciai a camminare ed ascoltare la musica e, ad un certo momento, tutte le ballerine volevano ballare con me!
Da lì cominciò il meccanismo più interessante del Tango.
“Cos’é il Tango e cosa rappresenta per te?”
E’ un grandissimo desiderio di libertà, che ci accumuna. Vogliamo sentirci liberi, ballando, e questo obiettivo massimo é quasi irraggiungibile! A volte é quasi impossibile, é come tendere all’infinito… E’ libertà di sentirsi padroni dell’ascolto, del movimento, dell’amore per il ballo e la musica. E’ questa ricerca che mi porta ancora avanti, verso qualcosa di infinito e irraggiungibile.
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“Come descriveresti il tuo Tango?”
Si sta avvicinando a quello che é il mio ‘marchio di fabbrica’: la ricerca della libertà, espressione di libertà assoluta. Spesso mi sento spontaneo, a volte in gabbia… probabilmente sono distaccato, ma più spesso nel Tango mi sento libero di improvvisare, creare, sperimentare, emozionarmi, seguendo un grande ascolto, ligio alla musica. C’é sempre qualcosa da scoprire nelle frasi musicali, anche dello stesso brano ascoltato 5000 volte!
“Come si impara a ballare Tango?”
La costanza é la prima qualità, poi dedizione e pazienza, molta, soprattutto da parte degli uomini; non pensare che sia un’attività che in poco tempo si impara. E’ un percorso, che uno decide di iniziare, se lo vuole, e deve attraversare con sacrificio. La maggior parte delle persone non ne é consapevole, una parte lo é; é un 20% che lo sente come bisogno, sono coloro che hanno difficoltà nella comunicazione, lo prendono come terapia, come reintroduzione nella vita sociale. E’ un percorso faticoso di vita, anche se piacevole, dove vai a lavorare su lacune mai colmate.
“Cosa é possibile insegnare del Tango?”
Un’infinità di cose: la conoscenza del sé, del proprio movimento, della persona, delle emozioni. Il Tango é una forma completa di disciplina, come lo yoga piuttosto che disciplina tantra, anche religiosa. Sei lì, costantemente in ascolto, a rispettare te stesso e la ballerina: é come avere un credo, una forma di fede. Se prendo il Tango, lo vedo sotto forma di disciplina orientale, ma fino ad un certo punto, perchè, fin dove il contatto non c’é, va bene per sé, é la conoscenza di me stesso. Il passo fondamentale é il più difficile e più rischioso: la conoscenza dell’altro con cui balli, con cui fai un cammino di Tango, con cui avere una relazione, con cui avere una relazione di ballo. Fondamentale sarebbe la conoscenza di sé (terapia del sé dal punto di vista orientale con yoga, tai-chi o altra forma olistica), poi introdursi al Tango perché completa tutte le aspettative. Entrare nel Tango non solo come divertimento, perchè ti scontri con la tua realtà; la maggior parte delle persone arriva non conoscendo se stesso, il proprio corpo, come si muove, come reagisce alle emozioni…
“Qual é la tua linea di lavoro? Su cosa preferisci puntare come Maestro?”
L’inizio é un approccio psicologico. Bisogna capire bene. Ogni persona ha un vissuto e una vita completamente diversa. C’é chi vuole metodologia immediata, ma anche chi viene da te, dicendo che a casa non riusciva ad abbracciare. Trattare le persone nella stessa maniera é un lavoro limitato, molti insegnanti lo fanno e per limiti o per scelta, perché é meno stressante che entrare nella psiche.
Nel 2010 abbiamo ideato il ‘Tango sistemico’ insieme ad una mia allieva di tango (psicoterapeuta #AntonellaFracasso), perchè il mio modo di insegnare voleva andare oltre gli schemi canonici, non per sentirmi il migliore, ma per scelta. Andare in profondità é un rischio da parte mia, é un mio modo di aiuto verso l’allievo per capire di più la persona, che deriva da una grande curiosità dell’altro. E’ iniziato con una grande curiosità verso la Donna, quando ero giovane. Mi ha sempre affascinato l’aspetto psicologico per formare e indirizzare gli allievi al meglio, a volte sono molto chiusi o eccessivamente aperti, vogliono strafare, altri hanno paura e vergogna; ci vuole delicatezza, é un lavoro interessante e i risultati si vedono!
“Quale qualità ritieni importante in un Insegnante? E in un Allievo?”
Sensibilità in comune: sia da parte dell’insegnante che dell’allievo. Se l’allievo vuol fare un corso, deve aumentare la sua sensibilità all’ascolto ed alla comprensione. Se un insegnante ha sensibilità, ama il suo lavoro e adora conoscere l’altro.
“E’ vero che i Maestri preferiscono non insegnare qualche loro specialità?”
L’ho sentito dire da allievi, non é così dal mio punto di vista. Un ottimo insegnante fa le cose per gradi, é un imbecille l’insegnante che dà mille nozioni in un giorno solo; non posso insegnare la colgada, se l’allievo non sa stare in piedi, cerco di dissuaderlo. Un insegnante onesto deve dire se non é il momento, avere il coraggio di affrontare l’allievo e convincerlo: é onestà! I segreti del Tango sono le cose basiche, che non lesino a dare. Il rapporto allievo/insegnante é finalizzato alla conoscenza uno dell’altro, deve essere paritario, frantale, d’amore. Se l’allievo capisce di più, avrà una bella relazione con te, porterà questa informazione dappertutto.
“E’ utile che chi arriva al Tango abbia già ballato?”
No, anzi. Meglio iniziare da zero, essere vergine. Ci vuole predisposizione, é favorito chi ha già fatto conoscenza del proprio corpo, del sé, ma, anche se hai fatto 20 anni di yoga, non riesci a ballare subito Tango perché per alcuni meccanismi devi essere principiante. Un campione di tennis veniva da me a prendere lezioni private, perché alla fidanzata piaceva il Tango, si incazzava perché non riusciva, proprio lui! Non é possibile non avere difficoltà per nervosismo, per presunzione; l’ho sperimentato anch’io, che ero campione di hockey e avevo imparato a sciare in un giorno…
“Aver studiato balletto/danza o musica serve alla comprensione del Tango?”
‘So suonare la chitarra, ho fatto sport, studiato danza…” e arrivano al Tango. Le ballerine di danza classica sono bravissime, ma devono scendere dalle punte… sono sempre andate verso l’alto, devono energeticamente cominciare verso il basso. Alcune non ci riescono, pur avendo qualità straordinarie, entrano in confusione o ci mettono tanto e lasciano, come chi balla liscio. Ti condiziona talmente tanto il Tango, che devi scegliere!
“Cosa significa ballare un buon Tango?”
Significa immedesimarsi in un ruolo, che rappresenta il ruolo che decidi di intraprendere. Seguire con una certa sicurezza l’ascolto di me, della ballerina, della musica… é complesso! C’entra la qualità della musica, la ballerina, la pista… I fattori variano leggermente la qualità del ballo, non dipendono dal pavimento, non solo, ma dall’ambiente. A volte queste variabili, in maniera ‘magica’, vanno tutte nel modo giusto, magicamente si trasformano nel più bel Tango della tua vita… E’ una magia inspiegabile e anche non ripetibile… Siamo sempre lì, in attesa del momento magico; te lo ricordi per anni e intanto migliori, cresci, ma non incontri più la magia, poi ‘magicamente’ una persona che conosci da tempo ti fa fare il ‘Tango magico’… Da cosa dipende? Non si sa… é questa la magia!
“Che significa rispetto nel Tango?”
Dipende dalla forma educativa avuta durante la vita. Rispettare te stesso, il piacere di muoverti in una milonga, la tua emozione. Dopo il rispetto per te stesso, il rispetto degli altri, il rispetto della milonga (se invitare con M&C, ecc.), rispettare come si muove la sala. A volte rispetto significa concedersi la musica, la persona che voglio. Dopo di te, la seconda forma di rispetto é verso il gruppo, l’ambiente: quando, come entrare in milonga, salutare tutti, sei a casa degli altri! Non andare in una milonga, se ti stanno sulle palle! Ti devono accogliere, ma tu entri in un mondo! Quanta gente non saluta! E’ mancanza di rispetto verso te stesso, perchè entri in un mondo dove esisti solo tu, il resto ti vuol fare male… é terribile! Potrei farlo io? Sarei maleducato! Sia per l’insegnante che l’allievo le regole di rispetto sono fondamentali, sono regole di vita.
“Cosa infastidisce nel mondo del Tango?”
A Genova, come a Torino c’é atteggiamento di orgoglio, di presunzione in milonga, non si va per cercare di divertirsi, ma per dimostrare di essere bravi e alla fine non c’é il piacere di tornare a casa sereni! A Torino, andavo in milonga per dimostrare che ero il meglio, il più figo, il più ombroso e andavo a dormire, pensando di lasciare il Tango. Ora, mi rendo conto dopo 20 anni che ho perso delle opportunità di essere più sereno; dopo anni di esperienze ballo con chiunque con approccio diverso e torno a casa con serenità. Ballare Tango deve essere piacere. Se tu non vivi il Tango, se non lo approcci così, sarai nevrotico. Ho visto gente serena al Festival Itinerante: per me é il più grande successo, ciò che mi fa stare meglio!
“Hai esperienze di ballo all’estero? Come sei stato accolto?”
Nel Tango si parla la stessa lingua in tutte le parti del mondo. Sono stato in milonghe, dove neanche mi salutavano, come fossi stato l’ultimo degli allievi. Dipende da chi gestisce la milonga. E’ come quando ti accolgono a casa: se ti accolgono bene o ti aprono appena la porta… ognuno fa ciò che vuole! Ogni milonga/serata é a immagine e somiglianza di chi la organizza. Ci sono milonghe dove senti barriere psicologiche, la responsabilità é di chi gestisce.
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“Quali sono i tuoi obiettivi?”
Il mio libro sul Tango l’ho scritto, ma non so perché sto aspettando, forse perché ho ancora tanto da scrivere. Lo pubblicherei o per chiudere una carriera o per lasciare qualcosa da dire ai miei allievi, ai miei figli, a chi é curioso. Non come ambizione, non per creare business.
A me piace molto il Festival Itinerante, vorrei farlo sempre meglio. Insegnare mi piace molto. I miei obiettivi sono quello che sto facendo, farlo un po’ meglio e con meno stress.”
“Cosa ne pensi dell’apporto culturale e tecnico dei Maestri Argentini, stanziali o in visita?”
Loro lo fanno per vivere e questo é onorevole, deve essere rispettato. E’ giusto trasferire la loro capacità di insegnare e trasmettere il Tango in maniera pura. Indubbiamente ha valore la parte culturale, che arriva da un’Argentina in cui hanno vissuto/vivono. Però il Tango é una disciplina che deve essere sviluppata da te stesso, in ogni dove, si forma anche con la cultura del posto dove sei. E’ sbagliato dire che solo a B.Aires si balla il vero Tango, non diventa un altro Tango altrove. Tango non é solo quello dei codici, é dinamica, musica, intreccio di tante danze, teatralità. Si deve sviluppare la personalità, se non é qualcosa di copiato, si deve avere il coraggio di volerlo esprimere (non da subito perchè é ridicolo). L’educazione, come si tratta la Donna, non ce lo devono insegnare, é una cultura che noi abbiamo (magari dimenticato); il ruolo uomo-donna non é che noi non l’abbiamo, forse lo dobbiamo ‘rispolverare’. Il rispetto per il prossimo lo devi imparare, se non l’hai imparato da tua madre.
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“E’ cambiato il ruolo uomo-donna nel tempo?”
Non é cambiato, é con lo stesso equilibrio. La maggior parte delle persone all’inizio pensa sia un rapporto più squilibrato; con lo studio ti rendi conto che deve essere 50/50.
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“Si può fare Teatro, o comunque spettacolo, con il Tango?”
Il Tango é teatralità: c’é espressione, emozioni… non é finzione. Nel Tango non c’é finzione, chi finge nel Tango cade nel ridicolo. E’ sentire il movimento, entrare nel ruolo, nel gioco e nella passione.
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“Che significa esprimersi nel Tango?”
Esprimersi é un ‘condimento’. E’ sentirsi liberi teatralizzando, ascoltando la musica, emozionandosi, creando.
“Che significa l’improvvisazione nel Tango?”
Improvvisare é un termine che a volte spaventa. E’ sperimentare, ma su una base solida di formazione: sperimento cercando di smembrare, ma in quel momento inserisco la struttura.
“Cos’é per te lo spirito del Tango?”
Libertà.
“Qual é per te il vero piacere del Tango?”
Sintonia totale con la ballerina, desiderio di entrambi di essere liberi di esprimersi.
da “Parlando di Tango… Il Tango Argentino in Liguria”, 2018,
(pagg 333/343)